Il cous cous che unisce

Il piatto povero dal maghreb a trapani

di Entoni Calamunci

‹‹Sono almeno venticinque secoli che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche ed eterogenee civilità›› afferma amaramente Don Fabrizio, il nobile siciliano protagonista del film Il Gattopardo, tratto dall’omonimo romanzo di Tomasi di Lampedusa. Frase forse non fu più vera.                                       

La Sicilia, lungo tutta la sua storia millenaria, ha subito numerose dominazioni: greche, romane, vandale, ostrogote, bizantine, arabe, normanne, spagnole ecc.. A renderla così appetibile agli occhi dei popoli stranieri ha influito sicuramente la posizione strategica in mezzo al Mediterraneo, crocevia con il Medio Oriente,  ma anche l’orografia dell’intera isola, adatta per le coltivazioni di cereali e di alberi da frutto. Ogni dominazione ha lasciato le proprie tracce ancora ben visibili oggi nell’architettura, nella lingua, nei tratti somatici dei suoi abitanti e nelle tradizioni.                                                                                                     

Anche la cucina siciliana vanta a sua volta varie contaminazioni. Nella zona di Trapani e San Vito Lo Capo il cous cous rappresenta un vero e proprio simbolo della tradizione culinaria locale. Arrivato in terra siciliana durante la dominazione araba, il cous cous alla trapanese differisce da quello nordafricano che è a base di carne. La sua duttilità, infatti, lo rendere particolarmente adatto per la preparazione di varie ricette; quello alla trapanese è a base di pesce e sancisce il legame che vi è tra uomo e mare. Il piccolo granello, seguendo la tecnica dell’incocciatura, deve essere ottenuto manualmente mescolando la semola con l’acqua. Dopo tanta dedizione avremo l’elemento base del nostro piatto: il cùscusu. Successivamente andremo a preparare il brodo di pesce con l’aggiunta di aglio, pomodori, alloro e zafferano. A fine cottura si aggiungeranno le mandorle tritate. Esso è apprezzato in vari paesi europei, ma ciò che rende unico questo piatto è la cottura che avviene in una particolare pentola di coccio: la couscoussiera. Essa può essere particolarmente decorata e viene tutt’ora prodotta e venduta dagli esperti artigiani della zona.           

Dal 1998 presso la località di San Vito Lo Capo ha luogo il Cous Cous Fest. L’intento di questo festival è stato quello di valorizzare un piatto povero della tradizione mediterranea, all’epoca quasi del tutto sconosciuto nel resto d’Italia. Questa competizione internazionale, negli anni, è riuscita ad unire, sotto il nome dell’arte culinaria, popoli con storie, riti e credenze religiose differenti. Il Fest ha infatti riscosso un successo mondiale: oltre duecento chef provenienti da ogni angolo del globo si danno annualmente appuntamento a San Vito Lo Capo, eletta capitale mondiale del cous cous e dell’accoglienza. Ciò dimostra come il cibo possa creare un legame tra popoli differenti che spesso, nella realtà quotidiana, si vedono coinvolti in conflitti virulenti.

 

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