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In viaggio con Nino
Gli asini di Marettimo
“Asino” sono i miei ricordi di bambina quando, affacciata al cancello di mia nonna, guardavo affascinata nel cortile di Ersilia, una delle anziane del paese che ancora usava quest’animale tanto bello.
“Asino” è uno sguardo che t’incanta, due occhi di una dolcezza penetrante.
“Asino” è un mondo. Un mondo lento e placido che ormai oggi sembra non servire più.
E “Asino” è anche il mondo di Nino. Una truppa di sei femmine e due maschi, guidati da Nino, appunto, il loro allegrissimo padrone. Da sempre sull’isola, di quelli che ostinatamente restano, ha iniziato il lavoro con gli asini venticinque anni fa. “Per caso”, come dice lui, “prima ho fatto il pescatore e poi il mulattiere per la forestale. L’asino è il mio compagno quotidiano di lavoro. Nella famiglia di mio padre abbiamo sempre avuto questi animali. Ho cominciato a lavorare con i turisti per sbaglio” e racconta…
Ho iniziato per caso.
E con poco, all'inizio usavo la "bardedda".
“Una sera il mio capo squadra della forestale mi ha invitato al ristorante e lì ho conosciuto amici suoi che mi avevano visto scendere tutti i giorni avanti e indietro con l’asino, e mi hanno chiesto di portarli in giro sull’isola. Io non volevo, dicevo ‘no, no, io non lo faccio con i miei animali’, ma poi mi hanno convinto…”
Lì è iniziata l’avventura di Nino: “Mentre facevo i giri con loro, i turisti mi vedevano e mi chiedevano ‘quando possiamo fare un giro con gli asini? Così cominciò… Iniziai con poco”, dice “con la “bardedda”, mi spiega lui, “una specie di sella povera che era praticamente un sacco di iuta pieno di paglia senza staffe né pomello”. Dopo un po', gira la voce e gira la voce, arrivò qualche giornalista incuriosito. Una in particolare, mi ha fatto diventare famoso, Donatella Bianchi di “LineaBlu” di RaiUno”, come ci tiene a precisare. Anche in questa occasione, mi racconta “ero più timido, vivevo una vita mia e non avevo tutto questo contatto con le persone”. Mentre parla, Nino sorride sempre e ci tiene a spiegare bene il suo lavoro, fatto di tanta pazienza ed attenzione. Attenzione soprattutto, perché se “un cavallo ti sgroppa subito, questi non ti sgroppano, hanno questo di bello gli asini, sono animali che vanno d’istinto e che magari, se non stai attento, se ne vanno per conto loro. Per arrivare a tanto, per farli mettere cosi, a camminare in fila indiana sciolti per i sentieri, c’è voluto tanto, c’ho sudato”, sottolinea. Anche i suoi amati asini hanno sudato tanto assieme a lui, e sudano davvero come mi accorgo quando ci fermiamo per la prima tappa nel bosco affaticati dalla salita. Perché sì, è vero, “lavorare tanto li fa diventare anche più docili”, ammette. Delle parole di Nino colpiscono due cose prima di tutto: il rispetto e la passione per questi animali. Il rispetto profondo, anche se ogni tanto, lungo il cammino, li minaccia divertito di farli finire in padella a polpettine alla sera quando si bloccano a brucare i rovi, perché lui la carne di asino se la mangia ed è pure buona. E poi la passione che ha e con cui fa questo lavoro.
Lavorare con gli asini è passione, rispetto e tanta attenzione.
Si acciglia, però, quando dice che purtroppo le sue figlie e i suoi nipoti non hanno preso la passione e non continueranno il suo lavoro e diventa malinconico. “Io avrei voluto un maschio. I maschi si attaccano di più al papà, gli stanno più vicino. Così, ad oggi, purtroppo, nessuno della famiglia continuerà la tradizione. Poi però ritorna gioviale e divertito aggiunge:“ io quando vado fuori due giorni mi manca la sella, se non vedo una campagna con il pascolo, non sto bene. Devo brucare l’erba anch’io” dice divertito, “mi devono portare apposta dove sono i maneggi e le mucche al pascolo: mi mancano gli animali!”. Lui, dallo “scecco”, come si dice asino in siciliano, non ci riesce proprio a stare lontano.