Fiore di Maggio

di Ramona Aloia

 

"Tu che sei nata dove c'è sempre il sole
sopra uno scoglio che ci si può tuffare
e quel sole ce l'hai dentro il cuore
sole di primavera
su quello scoglio in maggio è nato un fiore.”

Fabio Concato

 

Mi piace immaginare d'essere nata sulle note di questa canzone che mi cantava spesso il mio papà.
Era una domenica mattina che profumava di gelsomino e speranze quella che il 29 maggio di 30 anni fa mi accolse tra le sue braccia. Erano le 12:00 in punto quando aprii gli occhietti azzurri al mondo. Strano ma vero non piansi, neanche un po'. Anzi, dovettero sculacciarmi per provocarmi una reazione. Ancora oggi stento a crederci, com'è possibile che proprio io, che ho la capacità di piangere per qualsiasi cosa, soprattutto nei momenti meno opportuni (durante una visita guidata, per esempio, davanti ad una cinquantina di persone, solo per dirne una) proprio quel giorno non piansi? Certo, non posso escludere la componente ormonale, quella meteorologica e anche la presenza o meno di prodotti dolciari in dispensa (tanto per non farci mancare nulla) come fattori in grado di aumentare in maniera esponenziale la mia capacità di piangere. Ho talmente analizzato a fondo la cosa che penso di sentirmi in grado di azzardare addirittura una formula chimico/fisica secondo cui il pianto, che segneremo con la lettera P, è il prodotto della sindrome premestruale SPM moltiplicato per la pioggia P2 fratto nutella QN, dove la Q sta per quantità di nutella. In questo modo abbiamo P=SPMxP2:QN. Insomma tutto sta lì, dalla quantità di nutella in grado di compensare il disordine ormonale misto alla pioggia e al freddo. Ci sono anche correnti di pensiero secondo cui a volte basta solo un abbraccio, altri pensano invece che il pianto sia terapeutico. Tutte tesi assolutamente valide, ma io resto ferma sulla nutella. Alla luce di queste entusiasmanti scoperte, il perché abbia frequentato il liceo classico invece dello scientifico, rimane ancora un mistero. Ma questa è un'altra storia. Ritornando a quella domenica mattina di 30 anni fa, sta di fatto che non piansi. Credo di avere una risposta anche per questo. Questa volta però ci spostiamo più verso la filosofia che la matematica. Si sa, quando si è piccoli sono poche le cose che ci spaventano davvero, o forse sarebbe più corretto dire, che nasciamo completamente senza paure. Poi, crescendo, inevitabilmente, tutto ciò che viviamo ci segna, ci cambia e, ogni tanto, ci lascia soli e spaventati. Ma quella mattina mi piace pensare che io non abbia avuto paura di niente. Anzi, pare proprio che durante i 9 mesi rinchiusa dentro la pancia della mamma, abbia architettato una vera e propria entrata, o meglio ancora, “uscita ad effetto”. Eh sì, perché come mi racconta spesso mia mamma, in tutte le ecografie fatte precedentemente, risultava che fossi un maschietto. E così, quando venni al mondo, il medico mi prese dai piedini, tenendomi a testa in giù (ma che modi sono dico io!?) e indicandomi come fossi l'ultimo modello di folletto scontato del 50% si rivolse a mia mamma chiedendole: “Signora mi scusi, ma questa le sembra un maschio?” Volete sapere la risposta di mia madre? “È femmina? Matri mia e ora come la chiamo? A me piaceva Ramon!” Sì perché il nome che mi spettava da maschio era proprio Ramon (nome tipico italiano, non c'è niente da dire, l'associazione immediata al Segreto e a tutte le telenovelas spagnole è del tutto casuale, ovviamente). Ma grazie a Dio (perché solo Lui poteva tirarmi fuori da questo pasticcio) è arrivata una A ad ingentilire il mio nome alla fine. E sono nata io, Ramona. Ma la reazione più bella in assoluto è stata quella del mio papà. Lui desiderava tantissimo una femmina e quando apprese la notizia si mise a saltare letteralmente dalla gioia per i corridoi dell'ospedale, gridando “è femmina, è femmina!”. Mi piace tanto immaginarlo così, in uno dei momenti probabilmente più felici della sua vita, mentre i capelli gli danzano attorno al collo e la barba di tabacco che stenta a nascondere un sorriso nuovo, in grado di disegnare curve mai raggiunte prima. Ogni tanto mi chiedo ancora come abbiano fatto a scambiarmi per un maschio, un semplice errore medico? No, ovviamente anche su questo sono riuscita a darmi una risposta. Era un segno. Significava che nella mia vita avrei dovuto uscire fuori gli attributi tante, ma tante volte. Mia mamma non lo sa, ma dentro mi sento sempre un po' Ramon. L'unica cosa alla quale non sono riuscita a dare una risposta, anche la più improbabile, bizzarra, inutile delle risposte è perché il 15 gennaio 2005 il tuo cuore abbia smesso di battere. Ho pensato è il destino, è la storia del fiore più bello colto dal giardino, ho pensato è la vita, o forse è più corretto dire è semplicemente la morte. Non so cosa sia. Sarà l'unica domanda che non avrà mai una risposta, l'unico punto interrogativo sul quale proverò a dormire la notte, modificandone le rotondità come un cuscino. Ma io sono sempre qui papà, ad ascoltarti cantare fiore di maggio mentre strimpelli la chitarra il giorno del mio compleanno, con la barba di tabacco e il sorriso che risuona ancora nel vento. Il tuo fiore nato sulla scogliera di Favignana, piegato dalla pioggia, ma col sole sempre dentro al cuore. 

 

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