"Io, l'ultimo dei rais"

Gioacchino Cataldo, amore e numeri

di Rossella Canadè

L’amore, è la chiave di tutto. La chiave con cui aprire la porta segreta di Favignana, la farfalla sul mare dove nulla è scontato. L’amore che i nuovi barbari, vomitati dall’aliscafo la mattina e risucchiati la sera rossi come tonni, non conoscono più. L’amore e i numeri: perché senza quelli non c’è storia. Non c’è mattanza. Ne ha fatte undici come rais, Gioacchino Cataldo, e i tonni li conosce come nessun altro. Amore e numeri: il calcolo delle correnti, i movimenti rotatori dei pesci, le reti. Il Palazzo del mare, grande 30mila metri quadrati e profondo 40, dove reti sempre più fitte conducono i tonni fino alla camera della morte. La mattanza. Una tradizione cruenta, che Gioacchino, l’ultimo dei rais, salutava con una preghiera. Perché ogni pesca, ogni anno, fosse quella miracolosa. Racconta il sangue, il sudore, la vita con una passione che brucia come ha fatto il sole sulla sua pelle, Gioacchino, novello Omero di una terra amata con rabbia, da quel primo giorno in cui fu costretto a lasciarla perché non gli dava da mangiare.

Non resistevo lontano da qui, sono tornato. Qui a Puntalunga. Dove sono nato.

A Venezia, con i marò, poi a Pavia, fino alla Germania, operaio tessile che non ha mai smesso di sognare la sua Itaca.”Rubavo il mestiere, imparavo tutto. Ma non resistevo lontano da qui, sono tornato. Qui a Puntalunga. Dove sono nato”. E qui anche oggi, sulla panchina davanti al diving, di fronte alla casa che fu dei suoi nonni puntata dalle mani avide dei nuovi barbari. Un pontile stretto e silenzioso dove la risacca resta l’unica colonna sonora. “Hanno venduto tutto, qui. Per i soldi l’uomo si svende. Una volta bastava una stretta di mano, altro che contratti”. Non ci si trova più, il rais, in questo nuovo mondo. Starebbe per i fatti suoi, a raccontarsi le storie per veleggiare lontano, se non ci fosse l’amore a fargli da ancora. “Sono un latin lover, ed è una cosa bella” sorride mostrando l’antica fiamma. “Continuo ad amare le donne, non ci posso fare nulla”. Una strada dell’anima obbligata, come quella dei tonni. Che vanno presi come l’agricoltore raccoglie i frutti degli alberi.

Il tonno non può stare fermo, se non nuota muore

I primi a capirlo furono i nobili Florio, che qui inventarono e costruirono un metodo di pesca e un impero di cui ora sono rimasti segni indelebili, dallo stabilimento al palazzo vicino al porto. Non avevano  in mano il segreto, però, dice sornione il rais: i numeri.”la chiave di tutto”. Aprono ogni porta: natura, storia e memoria. Ha inventato perfino un metodo, un giorno in aereo, mentre le luci di Trapani si facevano sempre più piccole, “da una data trovo il giorno della settimana”. Numeri fondamentali per la pesca del tonno. “Bisogna studiare il fondale, calcolare le correnti, che negli ultimi 20 anni si sono spostate di 10 gradi verso sud est. E calare in senso antiorario. Il tonno non può stare fermo, se non nuota muore perché non ha la vescica natatoria”. “21 gradi: la temperatura dell’acqua per deporre le uova. Numeri ed esperienza. Oggi non serve più: la pesca del tonno avviene in Atlantico, per individuare i banchi ci sono i radar, si pescano molti più pesci, senza distinguere fra animali adulti e non, impedendo ai tonni di raggiungere le acque calde del mediterraneo per potersi riprodurre. Un’altra storia, che l’ultimo rais non riconosce più: è la storia dei nuovi barbari che come guardoni fotografano le tartarughe ricoverate. Senza amore.

 

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